CSI in VR

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 (fonte)

 

 

Essendo questo blog concentrato sulla Virtual Reality e sulle tecnologie che la rendono possibile, mi sembra giusto riportarvi notizie ed opinioni esterne: in particolare vi propongo una personale traduzione in lingua nostrana di un articolo del sito Futurism.com, di cui potete leggere la versione originale cliccando qui.

 

“I ricercatori della Staffordshire University sono alla ricerca di un metodo rivoluzionario per fornire i giurati di una maggior visione e conoscenza [non c’è una sola e perfetta traduzione di “insight”, ndr] mentre studiano i crimini attraverso la virtual reality (VR).

Primo del suo genere in Europa, questo progetto utilizzerà dei tradizionali headset VR per i videogiochi in connubio con il green screen per ricreare le scene del crimine e “trasportare” i giurati nel luogo dove tutto è avvenuto.

‘Quello che vogliamo fare è ideare la miglior soluzione che possa aiutare il sistema giuridico penale, aiutare la polizia nel trovare e analizzare un crimine e che possa infine aiutare in corte i giurati a comprendere e studiare quei delitti meglio di come sia mai stato fatto in precedenza’, afferma la Dott.ssa Caroline Sturdy Colls, Associate Professor in criminologia forense.

Mentre la tecnologia potrebbe certamente cambiare il processo legale, la logistica per raccogliere tutti gli indizi e le informazioni di una scena del crimine dovrà cambiare significativamente. Fino ad ora, per ricreare ciascuno spazio e scenario il più accuratamente possibile l’università ha utilizzato laser e droni.

Comunque, l’idea di avere dei giurati completamente immersi in una scena del crimine attraverso la virtual reality può significare la compromissione di alcune di esse. Se la raccolta di tutte le informazioni volta alla ricostruzione digitale di uno scenario non è condotta appropriatamente, questa potrebbe condizionare [si può tradurre anche direttamente con “inficiare” in questo caso, ndr] la decisione della giuria.

Inoltre, i critici stanno notando che per i giurati la tecnologia della VR in aula di corte non è più efficace rispetto alla riproduzione di video. Quelli che supportano questa ricerca, comunque, credono che questa tecnologia se usata nel modo giusto potrebbe ridurre o tagliare le udienze non necessarie e anche abbassare i costi delle cause.”

 

Gabriele Fatibene

 

 

 

 

 

 

Pokémon GO (outside and walk)

Pokemon Go

Qualcuno di voi ricorda il pesce d’Aprile ideato da Google Maps nel 2014? La società aveva inserito all’interno delle sue mappe una funzione per poter scovare, in giro per il mondo intero, i tantissimi (e famosissimi) mostriciattoli ideati da Satoshi Tajiri.

Dopo aver visto impazzire milioni di fan per un giochetto del genere, progettato – come detto – per scherzo, anche un cretino avrebbe capito che sviluppandolo un poco più seriamente sarebbero piovuti i soldi dal cielo: Nintendo, non navigando finanziariamente in buone acque già da qualche tempo, non ci ha chiaramente pensato due volte (e ha fatto bene).

Per farla breve, fu così che la società nipponica mise il suo brand più proficuo in mano a Niantic, casa sviluppatrice famosa (a dir la verità no, ma la norma ci impone di scrivere così) per un gioco mobile chiamato Ingress, che può essere considerato a tutti gli effetti il padre di Pokémon GO: quest’ultimo ne riprende infatti svariate caratteristiche, prima fra tutte l’Augmented Reality applicata all’ambiente circostante, realizzata invero piuttosto sommariamente e di conseguenza poco fruibile.

A proposito del lavoro svolto da Niantic si potrebbe discutere per ore, ma il sottoscritto non sta troppo a sindacare. Hanno seguito il mantra del “minimo sforzo, massimo guadagno” e uno studente questo non può criticarlo. Per correttezza e onestà, proprio.

Su ciò che concerne gli effetti prodotti da questo incredibile successo sono già state divulgate moltissime notizie e vicende, dall’epidemia di dolore alle gambe per i troppi chilometri macinati in poche ore (il caro vecchio movimento, eh?) alle ben meno simpatiche rapine a giovanissimi giocatori, quindi preferirei proporvi alcuni dati rilasciati da vari siti quali Qualtrics, SimilarWeb e da Nintendo stessa nelle ultime ore, così da non annoiarvi con news già sentite.

Partiamo col botto parlando di porno, già che su internet è sempre in voga… Ma non in voga quanto Pokémon GO, parrebbe!

https://twitter.com/YouPorn/status/752610215745429505

Ebbene sì, è successo davvero.

 

Tra le tante statistiche vi lascio quindi con quelle che, secondo il sempre autorevolissimo parere del vostro blogger preferito (fate per un attimo finta che sia io), sono le più interessanti e dalle quali possono nascere più spunti di riflessione:

  • più del 10% dei giocatori intervistati ha ammesso di essersi “infiltrato” in proprietà private per poter catturare un Pokémon;
  • il 16% gioca circa 4 ore o più al giorno (tra questi sono compreso anche io);
  • circa l’85% ha ammesso di giocare anche mentre sta guidando (fortunatamente non sono così scemo da essere compreso anche io);
  • il 21% preferisce Pokémon GO al sesso (come sopra);
  • il 44% ha visitato un luogo storico mai visto prima grazie al gioco;
  • il 24% ha visitato una chiesa per la prima volta grazie al gioco;
  • in media i giocatori passano due ore al giorno all’aperto in più rispetto a quanto facessero prima (e alcuni escono alla luce del sole per la prima volta, sempre grazie al gioco).

Questi numeri vi stupiscono? E’ perché non ci state giocando, altrimenti capireste… Ok, forse no.

 

Gabriele Fatibene

Mixed Reality: avere le meduse sul soffitto è possibile

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(fonte)

 

Se non vi piacciono le meduse va bene ugualmente, ma sappiate di essere delle brutte persone.

Scherzi a parte, in primis è meglio spiegare la differenza tra MR e VR – rispettivamente “Mixed Reality” e “Virtual Reality” – anche a chi non ne mastica particolarmente di queste tecnologie. Come suggerisce la parola stessa, alla base della VR vi è sì la componente virtuale, ma tenete bene a mente che questa è la SOLA componente. I molti visori che vengono ora pubblicizzati, da quelli per smartphone che possono essere pure di cartone (no, davvero) ai ben più costosi Oculus Rift, si basano tutti sull’offrire dell’intrattenimento prettamente virtuale e “costruito” ad hoc davanti ai nostri occhi, i quali però vedono solamente quello.

Mi spiego meglio.

Se siete seduti a cena con tutta la famiglia e indossate un visore per la VR, oltre a farvi sembrare un cretino davanti ai vostri parenti, esso vi proietterà in un magico mondo virtuale dove vi divertirete per i fatti vostri. Non vedrete nessuno squalo sul tavolo o vostra zia con un procione sulla testa: sarete in un mondo virtuale a parte, creato apposta per voi (e per tutti gli altri che hanno speso quasi 800€), distaccati da ciò che vi circonda.

La Mixed Reality vuole proprio andare a colmare questo distacco tra mondo reale e virtuale, “mixando” i due appunto. Arriviamo quindi a parlare, dopo una prolissa ma spero utile introduzione, del fulcro di questo articolo: i visori per MR. In particolare dei due che, secondo l’autorevole parere dell’autore, ne saranno gli esponenti maggiori.

I primi sono i Microsoft HoloLens, che partendo dalla tecnologia dei visori per VR ne hanno sviluppata un’evoluzione: l’hardware è implementato negli occhiali stessi e non vi è quindi il bisogno di PC di fascia alta a loro supporto, né tantomeno di fili che rimangono a penzoloni tra l’uno e l’altro. Soprattutto, però, “proiettano” tutto nella realtà che ci circonda. Nessuna stanza buia, nessun controller. Vuoi vedere l’ultima puntata di “Narcos”? Apri Netflix e trascina con il tuo indice la finestra dove più ti aggrada. Sul muro del salotto? Va benissimo! Su un quadro? D’accordo! Sulla fronte di tua sorella minore? Forse un po’ scomodo, però ehi, volere è potere.

Vi lascio ad un video ben più esplicativo di quanto le mie parole possano essere:

I rischi per la salute al minuto 2:44

Come potete vedere però il risultato, aldilà dell’innovazione e dello stupore, lascia un po’ il tempo che trova. Esteticamente è tutto tranne che perfetto e molte imperfezioni si notano subito. Tenendo conto che Microsoft ha intenzione di lanciarli sul mercato nel breve futuro, la versione provata dal sito “The Verge” è da considerarsi pressocché quella finale.

Le imperfezioni di questa tecnologia, che come ho detto rimane un’evoluzione di quella per VR, le vuole andare a colmare la startup Magic Leap (potete visitare qui la loro pagina Twitter per annunci e aggiornamenti) proponendo una soluzione completamente nuova: si abbandonano gli schermi sulle lenti per spostare la proiezione direttamente sulla retina dello user. Può sembrare una soluzione ardita e dannosa per la salute, a prima vista, ma se sono arrivati investimenti di centinaia di milioni di dollari per finanziare questa startup è perché evidentemente sanno il fatto loro.

Dal video proposto in calce qui sotto potete notare notevoli differenze e miglioramenti rispetto a quello precedente, soprattutto a livello tecnico ed estetico: il FOV (“Field of View”, ovvero il campo visivo) è maggiore sia in ampiezza che in profondità e le varie proiezioni sono più stabili nonché meglio amalgamate all’ambiente reale circostante, il che le rende anche più “vere” e ad effetto.

Enjoy the magic. E poi ditemi com’è perché io non avrò mai i soldi per questo gioiellino…

 

Gabriele Fatibene

La prima volta online

Che in un mondo malpensante come il nostro è forse una scelta di titolo un po’ infelice, ma tant’è. “Fantasy fair”.

E’ sempre un po’ difficile ricordarsi delle prime esperienze, soprattutto se avvenute nel nostro primo decennio di vita (i “good old times” di chiunque, ammettiamolo). Forse per la miriade di cose fatte, dette, provate… La prima volta in bici, la prima nuotata al mare, il primo videogioco – quest’ultimo abbastanza prevedibile a seconda della fascia d’età, a dire il vero – sono tutti ricordi che sembra incredibile non conservare con precisione e lucidità dopo solamente un decennio di vita, ma così è.

Essendo però stata la mia prima sbirciata sul web, come dire, “traumatica”, ne ho un vivido ricordo e posso permettermi così il lusso di scrivere questo articolo senza inventarmi nulla di sana pianta. True story, parcella del tecnico telefonico inclusa (ma adesso ci arriviamo).

Cerco di rendere rapida e indolore la premessa: ero un felice bimbo di 8 anni appassionato di Pokémon – come tutti i bimbi di 8 anni dell’epoca – e in casa non avevamo computer, né tantomeno quei bei vecchi modem a 56k il cui suono ha reso assuefatti o pazzi (o entrambi) molti internauti. Per mia grande gioia, però, mio zio e il suo bel computer collegato alla rete abitavano a poca distanza da casa mia: è superfluo dire che i pomeriggi passati dagli zii a giocare ad “Age of Empires III” erano tra i miei preferiti.

 

A 0:13 la causa dell’assuefazione

 

Proprio a casa sua ho pensato bene di approcciarmi al web per la prima volta, cercando su internet indovinate cosa? Un sito sui Pokémon, che domande. Il segreto per diventare il “the very best” [cit.] poteva essere proprio su internet, come avrei potuto sprecare un’occasione del genere? Sfortuna volle, però, che dopo circa dieci minuti beccai un virus. Dieci minuti. Su un sito dei Pokémon. Per bambini. A ripensarci è assurdo.

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(tutta colpa tua, caro vecchio Blastoise)

 

Il virus infettò, oltre che il computer, anche la rete telefonica dei miei zii, che dovettero chiamare un tecnico per risolvere il problema alla linea e portare il computer in assistenza. Quello che è peggio è che non sono nemmeno diventato il miglior allenatore del mondo, al diavolo la pubblicità ingannevole…

 

Gabriele Fatibene